Mercoledì 05 Marzo 2014, h 17:00
Inaugurazione di Passio 2014
Accoglienza della Reliquia del miracolo di Cannobio
Novara, Piazza Duomo
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Conferenza
Con: mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara; don Silvio Barbaglia, presidente del Comitato per il Progetto Passio
Voce: Lucilla Giagnoni, attrice e autrice teatrale
A cura di: Comitato per il Progetto Passio
» Passio 2014: calendario

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FOTO


DESCRIZIONE

CRONACA

 

La reliquia della Sacra Costa di Cannobio è esposta in Duomo per la venerazione nei seguenti giorni:

Dall’8 marzo al 13 aprile

  • ogni venerdì dalle ore 15 alle 23
  • ogni domenica dalle ore 10 alle 18

17 aprile (giovedì santo) dalle ore 9 alle 19,30

18 aprile (venerdì santo) dalle ore 9,00 fino all’inizio della processione (ore 20,45)

 

«DA CANNOBIO UN DONO DI FEDE»
Nel segno della pietà popolare l’inaugurazione di Passio 2014

Da Cannobio a Novara. La reliquia del miracolo della Pietà giunge in piazza Duomo – per la prima volta “in trasferta”, lontano dal santuario dove è custodita da quasi 500 anni –, consegnata nelle mani del vescovo mons. Brambilla dal parroco di Cannobio don Bruno Dresti e dal rettore del santuario don Bruno Medina. È l’evento che dà inizio a Passio 2014, nel pomeriggio del 5 marzo, mercoledì delle Ceneri. Sullo sfondo, installata su una tensostruttura a ridosso del Duomo, la grande immagine-simbolo di Passio – una gigantografia dell’affresco della Trinità in croce della pieve di Casalvolone – è stata da poco svelata, in un momento di contemplazione, accompagnato da testi dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, letti dall’attrice Lucilla Giagnoni. «Con questo atto vogliamo dare spazio alla pietà popolare, testimone di una fede concreta, espressa attraverso l’esperienza mediata dai cinque sensi – afferma don Silvio Barbaglia, presidente del comitato organizzatore –, che Francesco definisce “una realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista”». «Ringraziamo la comunità di Cannobio per il gesto di comunione fraterna con cui ci affida questa reliquia, che sarà custodita a Novara per l’intero tempo di Quaresima – dichiara il Vescovo –. Si compie così il primo di una serie di 240 eventi che ruotano intorno al tema dell’essere figli, espresso dal titolo del progetto “Ecce Homo! Il volto del Dio Figlio”. Un volto che viene esplorato in particolare dai quattro incontri che, il 14, 21 e 28 marzo e il 4 aprile, vedranno Luigi Ciotti, Anna Maria Canopi, Gianfranco Ravasi ed Enzo Bianchi presenti in Duomo per spiegare e attualizzare i racconti evangelici della Passione». La reliquia di Cannobio, collocata nell’arca del Santissimo sacramento – gioiello di arte sacra settecentesca messo a disposizione dai Musei della Canonica – è trasportata processionalmente in Duomo, dove hai inizio la celebrazione del rito delle Ceneri, «segno – dice il Vescovo nell’omelia – del cammino di conversione che porta ad accogliere con rinnovata gioia l’avvenimento pasquale».



PRESENTAZIONE

PASSIO, INIZIO COL MIRACOLO

In piazza Duomo la reliquia di Cannobio accolta dal Vescovo

Davanti al Duomo, con la reliquia del miracolo di Cannobio. Un evento di pietà popolare segna l’inizio ufficiale di Passio 2014, quella pietà popolare che papa Francesco definisce, nella sua Evangelii gaudium, «autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio». L’appuntamento è mercoledì 5 marzo – giorno d’inizio della Quaresima – a Novara in piazza della Repubblica, dove alle 17 avviene lo svelamento della grande immagine allestita sul fianco del Duomo. Le parole del vescovo mons. Franco Giulio Brambilla e di don Silvio Barbaglia – presidente del comitato ideatore di Passio – creano un clima di attesa, mentre l’attrice Lucilla Giagnoni legge testi tratti dall’Evangelii gaudium. Giunge quindi in piazza una delegazione di fedeli di Cannobio – con il rettore del Santuario don Bruno Medina, il parroco della Collegiata di San Vittore don Luigi Dresti e il sindaco Gian Domenico Albertella –, recando una teca con la reliquia del miracolo che, nel 1522, vide gocce di sangue e una piccola costola di carne umana materializzarsi da una pergamena raffigurante l’immagine della Pietà. La reliquia, accolta dal Vescovo, viene introdotta in un’arca d’argento settecentesca – usata fino al 1953 per la processione del Corpo di Cristo del Venerdì Santo – e viene quindi solennemente condotta in Duomo, dove ha inizio la liturgia delle Ceneri. La reliquia resta custodita in Duomo e offerta alla venerazione dei fedeli per l’intero tempo di Quaresima.

 

Il miracolo della Pietà di Cannobio

A Cannobio nel 1522 sangue e una piccola costola umana si materializzano dal costato di Gesù dipinto su una pergamena. La teca che racchiude la reliquia è custodita da allora a Cannobio nella Collegiata di San Vittore, mentre il dipinto miracoloso è custodito nel Santuario della Santissima Pietà. Il 5 marzo 2014, in occasione dell’inizio della Quaresima, la teca della reliquia è trasportata solennemente a Novara dove è custodita in Duomo e offerta alla venerazione dei fedeli per l'inero tempo di Quaresima. La reliquia è trasportata per le vie del centro nella processione del venerdì santo, il 18 aprile.

 

Arca del Santissimo Sacramento

Bottega novarese e milanese, seconda metà del sec. XVIII, secl XIX. Argento, legno, vetro, damasco di seta con trina dorata. Di proprietà dell'Associazione Amico Canobio, è custodita nei Musei della Canonica del Duomo di Novara. È stata restaurata nell'anno 2009 a cura della stessa Associazione. L'arca ha in cima due angeli alati e una grande croce con i simboli della Passione. È realizzata in legno di pero e rivestita in lamina dorata e argentata; nella parte alta ci sono quattro figure d'argento sedute sugli angoli, rappresentanti Mosè, Aronne, Davide e Salomone. L'arca veniva usata nel Venerdì Santo per celebrare una sorta di originale rito evocativo della morte di Gesù. Veniva portata in processione non l'immagine del Cristo morto, ma la pisside con il Cristo vivo, presente nell'ostia. L'ultima processione avvenne nel 1953.

 

La forza evangelizzatrice della pietà popolare

Dall'Evangelli gaudium, esortazione apostolica di papa Francesco

122. Allo stesso modo, possiamo pensare che i diversi popoli nei quali è stato inculturato il Vangelo sono soggetti collettivi attivi, operatori dell’evangelizzazione. Questo si verifica perché ogni popolo è il creatore della propria cultura ed il protagonista della propria storia. La cultura è qualcosa di dinamico, che un popolo ricrea costantemente, ed ogni generazione trasmette alla seguente un complesso di atteggiamenti relativi alle diverse situazioni esistenziali, che questa deve rielaborare di fronte alle proprie sfide. L’essere umano «è insieme figlio e padre della cultura in cui è immerso».[97] Quando in un popolo si è inculturato il Vangelo, nel suo processo di trasmissione culturale trasmette anche la fede in modi sempre nuovi; da qui l’importanza dell’evangelizzazione intesa come inculturazione. Ciascuna porzione del Popolo di Dio, traducendo nella propria vita il dono di Dio secondo il proprio genio, offre testimonianza alla fede ricevuta e la arricchisce con nuove espressioni che sono eloquenti. Si può dire che «il popolo evangelizza continuamente sé stesso».[98] Qui riveste importanza la pietà popolare, autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del Popolo di Dio. Si tratta di una realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista.[99]

123. Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi. In alcuni momenti guardata con sfiducia, è stata oggetto di rivalutazione nei decenni posteriori al Concilio. È stato Paolo VI nella sua Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi a dare un impulso decisivo in tal senso. Egli vi spiega che la pietà popolare «manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere»[100] e che «rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede».[101] Più vicino ai nostri giorni, Benedetto XVI, in America Latina, ha segnalato che si tratta di un «prezioso tesoro della Chiesa cattolica» e che in essa «appare l’anima dei popoli latinoamericani».[102]

124. Nel Documento di Aparecida si descrivono le ricchezze che lo Spirito Santo dispiega nella pietà popolare con la sua iniziativa gratuita. In quell’amato continente, dove tanti cristiani esprimono la loro fede attraverso la pietà popolare, i Vescovi la chiamano anche «spiritualità popolare» o «mistica popolare».[103] Si tratta di una vera «spiritualità incarnata nella cultura dei semplici».[104] Non è vuota di contenuti, bensì li scopre e li esprime più mediante la via simbolica che con l’uso della ragione strumentale, e nell’atto di fede accentua maggiormente il credere in Deum che il credere Deum.[105] È «un modo legittimo di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari»;[106] porta con sé la grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stessi e dell’essere pellegrini: «Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o invitando altre persone, è in sé stesso un atto di evangelizzazione».[107] Non coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!

125. Per capire questa realtà c’è bisogno di avvicinarsi ad essa con lo sguardo del Buon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di amare. Solamente a partire dalla connaturalità affettiva che l’amore dà possiamo apprezzare la vita teologale presente nella pietà dei popoli cristiani, specialmente nei poveri. Penso alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato che si afferrano ad un rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo; o a tanta carica di speranza diffusa con una candela che si accende in un’umile dimora per chiedere aiuto a Maria, o in quegli sguardi di amore profondo a Cristo crocifisso. Chi ama il santo Popolo fedele di Dio non può vedere queste azioni unicamente come una ricerca naturale della divinità. Sono la manifestazione di una vita teologale animata dall’azione dello Spirito Santo che è stato riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5).

126. Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione.