Giudicare personalmente, ossia formulare un giudizio nato dalla profondità del proprio pensare: questa, secondo Hannah Arendt, è l’azione di coloro che, in tempi bui, sono riusciti a stare lontani dal male banale, originato dalla comoda obbedienza a un’ideologia. Molti di questi Giusti, salvando anche un solo uomo dalla morte, non hanno certo rovesciato la Storia, ma hanno consentito, come una piccola fiamma nel buio, che non si perdesse la fiducia nell’uomo, dimostrando che il bene è sempre possibile, che l’uomo può sempre dire un sì o un no. Così come il male non viene compiuto necessariamente da uomini malvagi, perversi o sadici, così il bene non è compiuto solo da santi, eroi o uomini perfetti, come dimostra il più celebre esempio di uomo giusto, Oskar Schindler, un faccendiere dominato da ogni sorta di vizio, che ha salvato più di mille ebrei. Ma la memoria del bene non riguarda solo la Shoah e gli eventi legati all’antisemitismo nel XX secolo: riguarda l’azione dei Giusti in tutti i momenti oscuri della Storia, sempre esposta all’emergere di ideologie totalitarie. Un uomo dedicò la vita al ricordo del bene: si tratta di Moshe Bejski, per anni presidente della Commissione dei Giusti presso il Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. Gabriele Nissim ha raccontato la storia di Bejski, ne “Il tribunale del bene”, mettendo in risalto il suo appassionato e incessante lavoro, il suo continuo interrogarsi sulle caratteristiche che fanno, di un’azione, l’azione di un uomo giusto. Lo spettacolo è stato scritto da Paola Bigatto e Massimiliano Speziani in sodalizio con l’associazione Gariwo, che ha promosso presso il Parlamento europeo l’istituzione della Giornata europea dei Giusti per tutti i genocidi, il 6 marzo, in ricordo di Moshe Bejski, scomparso il 6 marzo 2007.