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PASSIO 2022 - IL MESSAGGIO DEL VESCOVO

Mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara

Dopo la lunga notte, speriamo ardentemente di tornare a vedere la luce. Dice il Profeta che bisogna “alzarsi”, “rivestirsi di luce”, per far “rinascere la città”.

“Alzati”: la città ha bisogno di rialzarsi, trovarsi, tornare a palpitare. La vita civile custodisce il desiderio di vita degli uomini, ma deve aprirsi all’oltre che illumina la vita formicolante sulla faccia della terra. La promozione della vita, del lavoro dell’uomo, dei buoni legami, della prossimità accogliente vanno vissute con leggerezza, per essere spazio di autentica socialità. Essa ha bisogno di aprirsi alla fonte zampillante della carità, della misericordia, del perdono e della comunio-ne, che sono i diversi modi della vita di prossimità.

“Rivestiti di Luce”. Accendiamo la luce sulla nostra città! Essa un tempo si radunava attorno a san Gaudenzio e al Broletto, attorno alla Cattedrale e al Comune, al luogo d’incontro della comunità spirituale e al centro della vita sociale. Entrambi erano custodi della memoria e dell’identità, della storia e del presente. Per aprire nuove vie di futuro. Attorno al Comune e al Duomo si svolgeva la vita brulicante della città, con i suoi sogni e le sue passioni, con i suoi partiti e i suoi confronti, con la forza dei giovani e la sapienza degli anziani, con la generosità delle donne e la solerzia degli uomini, con la cura dei deboli e l’operosità del lavoro. E, nel calendario delle feste, trovava i momenti per celebrare la memoria, far crescere l’identità, sperimentare la gioia, coltivare la fraternità, partire per nuove avventure. Dobbiamo tornare a sognare il futuro, dopo il tempo del travaglio e dell’ansia, per rivestirci della luce dell’incontro e della gioia.

“Rinasce la città”. Per far rinascere la vita comune, non bisogna disperdere il nostro patrimonio, sostituendo i templi della memoria e dell’identità con luoghi anonimi del mercato e del denaro. Se fossero solo questi i luoghi del nostro vivere sociale, noi saremmo tutti omologati, così uguali da non poter essere diversi. Saremmo ridotti a funzione di lavoro e merce di scambio. La città non rinasce, se torna semplicemente a vivere come prima. Rinascere significa nascere “di nuovo”, “in modo nuovo”, per diventare “nuovi”! Solo un supplemento d’anima per la città e il suo territorio ci salva dall’essere schiavi delle macchine e dei prodotti tecnologici, sempre in contatto virtuale, ma poco in relazione tra loro, molto vicini senza essere prossimi. Come diceva il grande sant’Agostino: la città dell’uomo è il luogo della socialità e dell’amicizia, la città di Dio è lo spazio della fraternità e della carità. Separate o in conflitto porta-no morte alla città dell’uomo e tristezza alla città di Dio. Insieme crescono nel mirabile intreccio di cura della civiltà e desiderio di Dio.